Lotto n° 421  | Asta 428

Valutazione € 35.000  - 45.000 

In asta: 24 Ottobre 2018 ore 15:30

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Ambito di Antonello da Messina, fine secolo XV Cristo portacroce Olio su tavola cm 39x31 In cornice (difetti e restauri) Bibliografia inedito L'opera proposta rimanda molto probabilmente a un prototipo di Antonello da Messina oggi disperso. L'episodio dell'Andata al Calvario è isolato in un'immagine a scopo devozionale con la figura di Cristo portacroce in primo piano. Il medesimo soggetto è stato ripreso in più occasioni dai nipoti di Antonello: i fratelli Antonello de Saliba (1466/67-1535) e Pietro da Messina (fine secolo XV, inizi XVI), e direttamente da suo figlio Jacobello da Messina (Messina ? 1455 circa - post 1480 ante 1488), eredi della sua bottega. Nell'opera più nota della serie conservata nella collezione Cagnola, Varese, Cristo sorregge sulla spalla destra la Croce e sullo sfondo appare un paesaggio con due alberelli, il motivo dei due alberi si ripete tra la Croce e la manica del Cristo (fig. 1). Quest'opera è stata attribuita da Ciardi, e Boskovits-Fossaluzza a Pietro da Messina, mentre appare nella fototeca Zeri con l'attribuzione ad Antonello de Saliba (R.P. Ciardi, La Raccolta Cagnola. Dipinti e sculture, 1965, n. 21; Fototeca Zeri 21333, busta 0253; M. Boskovits - G. Fossaluzza, La collezione Cagnola. I dipinti dal XIII al XIX secolo, 1998, pp. 146-147). Un'altra versione, oggi dispersa, (fig. 2) ma con alcune varianti nello sfondo, nei capelli e nelle pieghe della veste di Cristo era appartenuta al mercante Paolo Paolini (1935), fu attribuita da Berenson a Jacobello da Messina (B. Berenson, Italian Pictures of the Renaissance. Venetian School, 1957, vol. I, p. 8.). Anche Previtali evidenziandone la qualità ribadiva l'attribuzione a Jacobello ma con l'intervento di Antonello da Messina (G. Previtali, Da Antonello da Messina a Jacopo di Antonello. Il 'Cristo deposto' del Museo del Prado, in ''Prospettiva'', n. 21 (Aprile 1980), pp. 55-56). Di recente, Teresa Pugliatti ha ascritto interamente l'opera alla mano di Jacobello (Ancora su Jacobello di Antonio, fiulius non humani pictori, in Palazzo Ciampoli tra arte e storia (a cura di) G. Musolino, 2016, p. 177). L'opera già della collezione Delaroff, apparsa sul mercato parigino nel 1914 che è invece di qualità alquanto modesta, è priva di sfondo paesistico e Cristo sostiene una Croce dal taglio piuttosto improbabile (fig. 3). La difficile lettura della fotografia in bianco e nero dell'opera della collezione Delaroff, non permette un confronto del tutto esaustivo tra le due tavole. L'opera in oggetto, inedita, risulta molto vicina a quest'ultima versione e potrebbe esserne addirittura il prototipo (purtroppo tra i fascicoli di Antonello da Messina e del suo ambito nella fototeca del Kunsthistorisches di Firenze al n. 23997 non è stato più possibile reperire un'ulteriore versione segnalata da Boskovitz in ibidem, 1998). Lo sfondo è del tutto scuro mentre le ciocche dei capelli di Cristo spiccano con le bellissime lumeggiature in giallo di Napoli e l'espressione del volto è dolce e intensa. Tali riferimenti all'opera pittorica del maestro dovrebbero essere sufficienti per datare l'opera agli anni appena successivi alla sua morte avvenuta nel 1479 quando la bottega continuava a riproporre schemi consolidati e quindi richiesti dalla committenza dell'epoca.


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