Due importanti vasi 'potiche' in porcellana bianca di Doccia, 1740-1745. Coperchi in legno dorato (h. cm 30) (minimi difetti) Provenienza: Ex Collezione Pietro Accorsi, Torino. I vasi, di forma sfaccettata, hanno il corpo suddiviso in otto ripartizioni che dal collo si prolungano fino alla base. La parte centrale di esse è decorata in rilievo con rami di pruno che fra loro presentano minime differenze pur nell’apparente similitudine, mentre nella parte terminale verso la base troviamo, sempre in rilievo, foglie di loto affiancate "alla cinese". Il collo, messo in evidenza da una stretta fascia concava, in uno dei due porta altri piccoli fregi orientali. Uno dei nostri vasi, già pubblicato da Morazzoni nel 1935 e anche nel 1936 nella mostra di Nino Barbantini come Vezzi (1), appare in entrambi le pubblicazioni con il coperchio in legno dorato -coperchi che completano ancora oggi i nostri esemplari- ma anche con una basetta dorata evidentemente persasi nel frattempo. I nostri due vasi -che potremmo chiamare "coppia" se non vi fosse la leggera differenza di decoro a rilievo disposta lungo il collo, presente in uno e non in un altro- portano come già detto il motivo del fiore di pruno, forse il primo fregio orientale "scoperto" dalle manifatture europee al loro esordio, vedi Meissen, Du Paquier, Vezzi e Doccia, quando la decorazione in policromia presentava ancora notevoli problemi tecnici. Una vera coppia invece, l’unica a tutt’oggi conosciuta della medesima forma di quelli qui presentati -entrambi però privi di coperchio e del fregio in rilievo al collo- è stata pubblicata da Luca Melegati nel suo libro su Vezzi (2) seppure citando una suggerita attribuzione a Doccia formulata da Andreina d’Agliano per un’altra coppia di vasi abbastanza similari nella fattura ma dalla alta bocca svasata (3). Attribuzione accettata successivamente in pieno da Melegati che ripubblica con l’attribuzine a Doccia la stessa coppia di vasi uguali ai nostri nel catalogo della mostra tenutasi a Lucca nel 2001 (4). Sembrerebbe così chiusasi a favore della fabbrica dei marchesi Ginori la lunga e per altro giustificata precedente attribuzione a Vezzi nonostante l’evidente fattura docciana, sia a causa dell’impasto di porcellana grigiastro perché composto con il medesimo caolino veneto che per i decori, non solo del fiore di pruno in rilievo, ma anche per quelle foglie lanceolate riecheggianti le porcellane cinesi del periodo Kangxi che troviamo lungo il piede e presenti pure nella maggior parte delle teiere di Giovanni Vezzi. Per la datazione riteniamo, pur rimanendo nell’arco di tempo strettamente iniziale, di allargare leggermente il periodo della loro produzione rispetto alle precedenti formulate e datare l’intero gruppo di vasi sopra citati come eseguiti fra il 1740/42 e il 1745. Angela Caròla-Perrotti 1)- G. Morazzoni, Le Porcellane Italiane, tav. CXXIII b, Milano-Roma MCMXXXV N. Barbantini, Le Porcellane di Venezia delle Nove, tav. XXII, n.71, Venezia MCMXXXVI 2)- L. Melegati, Giovanni Vezzi e le sue porcellane, ill.91, p.235, Milano 1998 3)- A. d’Agliano, Continental porcelain from the Lukacs Donath Collection, Roma 1986. I medesimi vasi a bocca svasata sono stati ripubblicati da d’Agliano nel catalogo Baroque Luxury porcelain, scheda 41, p. 232, Liechtenstein 2005 4)- L. Melegati in: Lucca e le porcellane della Manifattura Ginori, a cura di A. d’Agliano, scheda 3, p. 77, Lucca 2001


Valutazione € 22.000  - 24.000 

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