Lotto n° 132  | Asta 606

Scheda critica

Valutazione € 12.000  - 14.000 

Aggiudicato € 10.000 

In asta: 28 Marzo 2023 ore 15:00

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Antonio Mascarone e scagliolista romano, 1790 ca. Tavolo da centro filettato e intarsiato in legno di noce e abete impiallacciato in bois de violette, bois de rose, palissandro, acero; noce intagliato e dorato con piano in scagliola incassato centrato da scacchiera, bordura a greca con riserve decorate da scene pompeiane. Lombardia, fine secolo XVIII (cm 106x77x71) (difetti)   La scacchiera inserita al centro del piano, ispirata ai repertori dell’Antico, è opera di un bravo scagliolista romano. La composita incorniciatura trae ispirazione dai quattro volumi della Collection of Etruscan, Greek and Roman Antiquities from the Cabinet of William Hamilton, stampati da Pierre-Francois Huges d’Hancarville nel 1766. Sono liberamente derivate dalle tavole di quest’opera, che grande diffusione ebbe nelle arti decorative dell’ultimo Settecento, le quattro raffigurazioni nelle riserve ovali e il fregio su fondo nero della cornice della scacchiera. D’invenzione squisitamente neoclassica è invece la decorazione degli angoli, con l’esile greca intrecciata a delicate foglioline azzurre. Di fattura lombarda è il tavolo, appositamente costruito da un bravo ebanista per accogliere la scacchiera. Ne conosciamo l’artefice, si tratta di Antonio Mascarone, seguace di Giuseppe Maggiolini, forse suo diretto allievo, provetto intarsiatore come dimostra un tavolo già noto agli studi, molto simile a quello di cui si scrive, e altre opere note alla storiografia. Scarse le notizie che si hanno su di lui, sappiamo che fu attivo a Cesano Maderno, in provincia di Milano, tra l’ultimo decennio del Settecento e il primo ventennio del secolo successivo. Le opere conosciute ce lo mostrano eccellente ebanista versato anche nell’arte dell’intarsio. La vicinanza di alcune tarsie su suoi mobili a disegni di Giuseppe Maggiolini, unita alla qualità delle stesse, hanno fatto supporre che possa essere stato diretto allievo del maestro di Parabiago. Certamente fu un ebanista che dovette godere nella Lombardia a cavallo tra Settecento e Ottocento, di una solida reputazione. Lavorò anche per i palazzi della corte napoleonica, come dimostra il tavolo ricordato, già parte dell’arredamento della villa reale di Monza. Il tavolo da centro in questione, finemente impiallacciato con una scelta di bei legni, non presenta intarsi, ma un raffinato gioco di impiallacciature di bois de rose, bois de violette e palissandro, disposte in modo da creare giochi di venature contrapposte. Le due riserve laterali del piano sono incorniciate da un finissimo fregio che ripete quello della scagliola, del tutto particolare perché realizzato con una tecnica simile alla scagliola. Tornite secondo un bel disegno, impiallacciate, scanalate e rudentate sono le gambe, illuminate da una bella doratura all’interno delle scanalature. Una collocazione cronologica nel corso dell’ultimo decennio del Settecento appare la più verosimile.   Bibliografia: A. Gonzàlez-Palacios, Il tempio del gusto, Milano, 1986, Tomo I, p. 274, Tomo II, p. 300 G. Villani, Civiltà del legno, mobili delle collezioni di palazzo Bianco e del Museo degli ospedali di San Martino, Genova, 1985, p. 85 e sgg. G. Beretti, Laboratorio, 2005, p. 120 e sgg.


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Aggiudicato € 10.000 

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